martedì 30 ottobre 2012

Proverbi d'autunno

Siamo alla fine di ottobre e arrivano le prime correnti fredde a farci rabbrividire, anche se oggi siamo molto fortunati in quanto quasi tutti abbiamo modo di scaldare (magari a caro prezzo, ma agevolmente) le nostre case, ma non è stato sempre così, anzi...
Fino a pochi decenni fa, soprattutto nei paesi, le case non avevano riscaldamento e gli unici mezzi per scaldarsi erano il camino (o addirittura il fuoco per terra all'interno della cucina) o la stufa a legna (entrambi servivano anche per cucinare). In questo modo si scaldava solo la cucina, mentre le altre stanze rimanevano fredde.
Ecco cosa dicevano i nostri vecchi, che spesso si esprimevano per proverbi, del tempo autunnale.

Soldano - Paesaggio autunnale

Si cominciava il primo novembre con:
Ai Santi u pasa in sci canti, e a çenà u l'intra in cà
Il soggetto (sottinteso) è il freddo che ai Santi (1 novembre) comuncia a farsi sentire nei punti esposti alle correnti d'aria (i canti), mentre a gennaio penetra all'interno delle case.

Si continuava poi con due proverbi dedicati alla cantina:
A San Martin u muštu u se fà vin
A San Martino (11 novembre) in mosto diventa vino
e
A San Martin se tapa u vin
A San Martino si tappa il vino.
Nel senso che l'11 novembre (giorno di San Martino) si possono chiudere i recipienti che contengono il vino  nuovo (botti e damigiane che fino ad allora erano state lasciate senza tappo, con l'apertura chiusa solo con un pezzo di carta) poiché la fermentazione è terminata e non sviluppa più gas.

Verso la fine di novembre il freddo diventa più intenso e cominciano le prime brinate mattutine:
A Santa Catarina l'aigàya a se fa brina
A Santa Caterina (25 novembre) la rugiada diventa brina.

Chiudiamo con un proverbio che è un po' previsione e un po' supersizione:
U tempu che fa a Santa Bibiana u fa pe carànta dì e ina setemana
Il tempo che fa a S. Bibiana (2 dicembre) fa per 40 giorni e una settimana.

Proverbi tratti dalla sezione Tradizioni del sito Soudan (Soldano)

Nei prossimi mesi continueremo con i proverbi invernali.

lunedì 22 ottobre 2012

L'Osteria

«L'osteria era, fino alla metà del 1900, un tipico luogo di ritrovo serale popolare delle persone di sesso maschile; luogo di incontro e di socializzazione ha costituito per lungo tempo, uno dei pochi momenti di incontro e di scambio d'idee, in aggiunta alla Chiesa e alla piazza. Dal dopo guerra ad oggi la frequentazione di questi locali è venuta sempre meno, negli ultimi anni però si è visto un rifiorire di questi locali che stanno recuperando la loro funzione di luogo di incontro per ambo i sessi. Le osterie sorsero, come punti di ristoro, nei luoghi di passaggio o in quelli di commercio che nella fattispecie sono strade, incroci, piazze e mercati. Ben presto divennero anche luoghi d'incontro e di ritrovo, di relazioni sociali. Gli edifici, spesso poveri e dimessi, assumevano importanza in base al luogo dove sorgevano e alla vita che vi si alimentava. Il vino era l'elemento immancabile ...» da Wikipedia
A Soldano nel corso degli anni ci sono state molte osterie, bar, ristoranti ecc. ma una sola resiste da oltre cento anni. Parliamo dell'osteria che si trova sulla strada provinciale Vallecrosia-Perinaldo, sulla strada appunto, perché le osterie (come potete leggere nella definizione di Wikipedia) si trovavano nei punti di passaggio (un'altra osteria storica è quella che si trova presso il ponte di Vallecrosia Alta).
L'osteria di cui parliamo ai primi del '900 era di Fabrizio Biancheri (Frabì). Nella foto qui sotto vediamo Frabì appoggiato allo stipite della porta (con la catenella dell'orologio sul gilet); nella foto si vedono due donne sedute con un bambino in braccio, quella più a sinistra è sua moglie Rosa Maccario (Rusì) con la piccola Camilla (Camilina) in braccio, dietro il gruppo si vede l'omnibus.

Osteria di Soldano 1906 (circa)

Negli anni '50 Frabì viene affiancato dal figlio Pietro (Piè de Rusì) che poi continua nella gestione dell'osteria. Come si vede dall'insegna dipinta dal pittore Galli (da una cartolina del 1958 circa) il punto forte dell'osteria era il vino. Nella foto si vedono anche la parte terminale del rio Fullavin e i campi da bocce annessi all'osteria.


1957 - Si gioca a bocce nei campi dell'Osteria di Piè de Rusì

Nel corso degli anni l'osteria cambia più volte gestione da Irene e Egidio al genero Giuseppe (sempre puntando sul buon vino) fino ad Ernesto, ma rimane sempre un punto di ritrovo e di socializzazione dove, oltre a mangiare e bere, si può passare un po' di tempo giocando a carte (soprattutto a Belota) e raccontare anedotti dei bei tempi passati. Non solo ma (per ricollegarci al post precedente) nel 1975, proprio nell'osteria di Soldano (allora bar Irene), nasce la Società Ciclistica Rossese come si può leggere sui giornali dell'epoca

1971 - Il vecchio bancone dipinto dell'Osteria di Piè de Rusì,
riutilizzato dalla Pro Loco di Soldano

Osteria di Soldano, anni '80

Osteria di Soldano, interno con Giuseppe Valfiorito al bancone

L'Osteria di Soldano in una foto attuale

domenica 14 ottobre 2012

Bici da corsa

Dopo tre post dell'amico Alberto sulla sua bici da donna ho pensato di fare un post sulla mia bici da corsa.
È una bicicletta Olmo comprata nel lontano 1975 direttamente in fabbica a Celle Ligure dove è stata assemblata su misura per me. Ora se ne sta lì appesa nel box (soprattutto in questa stagione) ma insieme abbiamo fatto molta strada.


Nel 1975 grazie all'impegno ed allo stimolo di Giuliano Taggiasco venne fondata la Societa Ciclictica Rossese - Soldano, che diede vita a raduni e gare ciclistiche. La prima gara fu organizzata il 7 settembre 1975 sul percorso Soldano-Pigna e ritorno, quando avevamo ancora le maglie tutte diverse (più che una squadra sembravamo un'armata Brancaleone) e molti una bicicletta recuperata in soffitta.

Soldano, 7 settembre 1975 - Partenza della Soldano-Pigna e ritorno

Poi furono fatte le maglie e la divisa "ufficiale" e molti comprarono la bicicletta nuova.


Con nutrito gruppo andammo addiritura alla fabbrica di biciclette "Olmo" a Celle Ligure per farci fare una bicicletta personalizzata "su misura". Ricordo ancora il viaggio in treno fino a Celle da dove, dopo aver ritirato la bicicletta nuova, andammo in bici fino a Savona, poi in treno fino a Ventimiglia e infine ancora in bici da Ventimiglia a Soldano!


Strada Soldano-Perinaldo al bivio per Apricale

Su e giù per le strade e le colline della Liguria, su circuiti come Soldano - Perinaldo - San Romolo - Baiardo - Apricale - Isolabona - Dolceacqua - Camporosso - Vallecrosia - Soldano

Sulla Turbie

Oppure verso la Francia fino a Nizza passando per la Turbie

A Mentone

E poi a Genova, lungo la costa e su e giù dai passi dei Giovi e della Bocchetta verso il Piemonte, quanta strada insieme. Ora dopo un po' di riposo spero di lasciarla sempre meno appesa nel box e continuare a pedalare, soprattutto d'ora in avanti che mio figlio sta crescendo e può uscire in bici con me.

lunedì 8 ottobre 2012

Come eravamo - Nomi e soprannomi

A Soldano, come in tutti i paesi del circondario, fino al secolo scorso le omonimie erano molto frequenti, ciò era dovuto al fatto che ai figli venivano dati sempre gli stessi nomi che si ripetevano di generazione in generazione (era consuedutine dare ai figli i nomi dei nonni) e anche i cognomi più diffusi erano non più di cinque o sei. Il paese era come una grande famiglia dove le persone venivano indicate solo col nome proprio (comunque molti avevano nome e cognome uguale), così per distinguere in modo inequivocabile una persona da un'altra quasi tutti avevano un soprannome.
Il soprannome poteva essere semplicemente il nome della persona seguito dal nome di uno dei due genitori, così ad esempio abbiamo Bernà de Batì (Bernardo di Battista), Piè de Madalé (Pietro di Maddalena), Duà de Giasì (Edoardo di Giacinto), Genia d'Arturu (Eugenia di Arturo) ecc.. Ma non sempre il soprannome era quello del padre, a volte il soprannome si tramandava a figli, nipoti e pronipoti, cosi ad esempio mio nonno veniva detto Luì de Feripu (Luigi di Filippo) anche se suo padre non si chiamava Filippo ma Giacomo che a sua volta era detto Giacò de Feripu (Giacomo di Filippo) anche se suo padre non si chiamava Filippo e per trovare il capostipite Filippo bisogna risalire ancora nell'albero genealogico.
A volte i soprannomi erano dovuti alle caratteristiche della persona così ad esempio Luigì a Russa (Luigina la Rossa, per via dei capelli rossi), U Rissau / U Rissu (Il Riccio, per via dei capelli ricci),  u Mancinè (il mancino) ecc., al lavoro o alla mansione svolta qualche volta come Vitò u cantunè (Vittorio il cantoniere), u Campanà (Il campanaro), u Magiù (il maggiore), u Fante (il fante), l'Arpin (l'alpino), o del paese di provenienza come Luì de Vrigà (Luigi di Apricale, perché originario di Apricale) ecc.
Ci sono poi soprannomi vari come Aschieri, Canarò, Ciumelin, u Ciun (Ciun è un tipo di chiocciola, Helix aperta born), Dignà, U Dragu (il drago), Fasola, Giogiè (soprannome derivato da Giousè (Giuseppe), che il bambino pronunciava Giogiè da piccolo), Saganeti (nome italianizzato di una località del nord africa dove aveva combattuto da militare), u Spiciu, Tumeta ecc.

Scolaresca di Soldano (1918-1919 circa) con nomi e soprannomi da www.soudan.it

I soprannomi esistevano gia molti secoli fa, eccone alcuni tratti da documenti d'archivio:
1484 - Giovanni Gibelli di Camporosso detto Bosso 
1489 - Giacomo Gibelli di Camporosso detto Barocco 
1493 - Antonio Curto di San Biagio detto Giapon 
1494 - Giacomo Pallanca di Vallebona detto Mera 
1495 - Giovanni Gandolfo di Bordighera detto Limon 
1498 - Giacomo Aprosio di Venimiglia detto Dagnan 
1500 - Bartolomeo Curto di San Biagio detto Pecollo 
1504 - Nicola Lucca di Ventimiglia detto Scalamussa 
1505 - Giovanni Maccario di Ventimiglia detto Pescee 
1508 - Antonio Gandulfo di Camporosso detto Bodian